UN ANTICO ALTARE ED UNA STORIA LEGGENDARIA
DOTT. STEFANO ALESSANDRINI| ROMA 6 OTTOBRE 2024
Molte volte, durante una dura giornata, incastrati nel traffico, i romani non si rendono conto di essere circondati dalle incredibili meraviglie che la Città Eterna ci riserva.
Fermi in fila, in attesa del verde al semaforo di Piazza della Bocca della Verità, ci troviamo al centro di un’area affollatissima anche nei tempi antichi.
Si tratta del Foro Boario, il posto dedicato alle transazioni commerciali relative al bestiame e ad altre merci (il mercato/emporio nei pressi del guado dell’Isola Tiberina).
In epoca arcaica e in età repubblicana vennero eretti vari templi nella zona: due di essi sono arrivati fino a noi in uno stato di conservazione eccellente.
Il tempio di Portunus, eretto intorno al 100 a.C. (chiamato anche “della Fortuna Virile”) è dedicato al dio delle porte e dei porti: è situato nei pressi della zona dove le merci venivano sbarcate (qui il fiume poteva essere attraversato grazie alla presenza dell’isola Tiberina).
L’altro tempio era dedicato ad Ercole Vincitore (o Ercole Olivario), ma è più conosciuto come tempio di Vesta, nome attribuitogli dal Rinascimento.
Fu eretto nel 120 a.C. circa, ed è il più antico tempio in marmo conservato a Roma.
Il monumento più importante del Foro Boario era senza dubbio l’imponente Ara Maxima Herculis Invicti, l’altare dedicato all’eroe semidio, protettore dei commerci e delle greggi.
Fu il primo centro di culto ad Ercole edificato a Roma (precedente all’erezione del tempio),.
Una leggenda narra che qui l’eroe uccise il gigante Caco, che gli aveva sottratto i buoi presi a Gerione.
L’ara venne edificata nel 495 a.C., quando la zona non era ancora stata bonificata e venne poi ricostruita nel II secolo a.C.: per prevenire le piene del Tevere fu costruito un argine.
Nel 64 d.C. la struttura venne distrutta dal grande incendio di Roma: venne ricostruita probabilmente in età Flavia insieme al portico, le cui colonne sono ora inglobate in Santa Maria in Cosmedin. Sui resti dell’Ara Maxima sorse la chiesa: nella cripta sono visibili i blocchi di tufo che molto probabilmente componevano il podio dell’ara.
Dall’Ara Maxima di Ercole partivano i trionfi, che si concludevano sul Campidoglio.
Nei pressi dell’Ara Maxima (vicino ai carceres del Circo Massimo) fu rinvenuta la stupenda statua ellenistica in bronzo dorato raffigurante Ercole, ora conservata nei Musei Capitolini.
E proprio da questa zona proviene l’ara (altare) di cui parliamo in questo articolo.
L’altare fu visto e descritto nel 1592 dal grammatico e filologo Celso Cittadini nel Foro Boario, presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, eretta sul luogo dell’Ara Maxima di Ercole. In tempi successivi venne notata in una vigna (non identificata) presso la via Salaria.
Approdò infine a Villa Paolucci (in seguito passata ai Gangalandi, ai Della Porta Rodiani, ai Massimo e ai Lancellotti) sulla Via Salaria.
Proveniente dalla collezione del principe Carlo Lancellotti, è ora collocata presso Villa Trebazia, sull’Appia Antica.
L’iscrizione, incisa su tre lati, con dediche quasi identiche (in ordine diverso nella citazione dei personaggi), è registrata nel Corpus Inscriptionum Latinarum.
Eccone la trascrizione:
PHILETVS LIVIAE AMARYLLID / EVTACTVS TEIDIAE AVGES D[ISP]/
HILARVS P. TETTI TONTIANI D[ISP]/ AVTOLYTVS M. FABI D[ISP]
HILARVS P. TETTI TONTIANI DISP / EVTACTVS TEIDIAE AVGES DISP / PHILETVS LIVIA[E A]MARYLLID DISP / [A]VTOLYTV[S M.] FABI DISP
[EVTACTVS] TEIDIAE AVGES DIS / [PHILETVS LIVIAE A]MARYLLID DIS /
[HILARVS P. TETTI] TONTIANI DIS / [AVTOLYTVS M.] FABI DISP
[—] DIMENS XV [—] AUGUSTIS [—]PICIO GALBA COS
Realizzata in marmo bianco, presenta un corpo parallelepipedo, con i lati di circa sessanta centimetri. Fu riutilizzata in tempi successivi (presenta una cavità con piccolo foro di uscita su uno dei lati). L’ara è stata notificata e vincolata dallo Stato come reperto di rilevante interesse archeologico.
I dedicanti risultano essere quattro schiavi: Philetus, Eutactus, Hilarus e Autolytus.
Essi svolgevano funzioni di amministratori (dispensatores) per Livia Amaryllis, Auges Teidia, P. Tettius Tontianus e M. Fabius.
La dedica venne posta nel quindicesimo giorno del mese di agosto, quasi certamente sotto il consolato di Quintus Haterius e Gaius Sulpicius Galba (5 a. C. o 22 d. C.).
Quintus Haterius (63 a.C. – 26 d.C.) è considerato il più famoso oratore dell’epoca augustea.
Gaius Sulpicius Galba era figlio del pretore Servius Sulpicius Galba, uno dei cospiratori contro Giulio Cesare. Dalla sua famiglia proviene Galba, che divenne imperatore per un brevissimo periodo di tempo (giugno 68 – gennaio 69).
Va qui evidenziata una eccezionale coincidenza.
Una statua in bronzo raffigurante un toro fu eretta nel Foro Boario: proveniva da Egina, l’isola greca conquistata nel 210 a.C. dal console Publio Sulpicio Galba Massimo, illustre antenato del console omonimo, citato nell’iscrizione dell’ara dedicata dai dispensatores.
I personaggi a cui l’altare è dedicato provengono da gentes diverse.
- Tettius Tontianus, della gens Tettia, è stato quasi certamente un questore e tribuno della plebe (e poi pretore), originario di Atina (città non lontana da Cassino).
Auges apparterrebbe alla gens Teidia, originaria di Lanuvio.
Il Fabius (probabilmente Marcus) appartenne ad una gens con numerosi personaggi conosciuti, originaria di Brindisi.
Livia Amaryllis era probabimente una liberta, appartenente alla celebre gens Livia.
La casa d’aste Ansuini presenta ora questo eccezionale reperto all’attenzione degli appassionati collezionisti: un’occasione imperdibile per avvicinarsi all’incredibile storia della Città Eterna.