Un Diario da Casa Ansuini

IL COLLEZIONISMO DI MEMORABILIA

di STEFANO ROCCA | ROMA 16 GIUGNO 2024

 

 

Ciò che rende memorabile un’oggetto è legato alla persona a cui è appartenuto, alla sua storia ed alla vita, – che sia sciagurata o di successo – è legato i sogni che ha saputo ispirare in chi da fuori ne osservava rapito il dipanarsi… ma anche l’oggetto è memorabile perché ha fatto parte di un luogo, ha rappresentato il tipo di vita che vi si viveva, il mito ed le storie di chi ha vissuto dall’interno quell’ambiente ed ha visto o usato agli oggetti in esso contenuti.

Le aste dedicate alle cosiddette “memorabilia” sono sempre cariche di fascino e di suggestioni, raccontano altre vite, altri sogni, altri tempi e suscitano ricordi e una nostalgia “buona” di cose belle – e di una qualità artigianale e preindustriale -, forse perdute ma da ricordare e conservare.

Le aste di memorabilia dei Transatlantici di ogni nazionalità, i cosiddetti “grandi Leviatani” che hanno solcato gli oceani, hanno sempre avuto un fascino (e riscontri particolari al martelletto del battitore), perché gli oggetti di bordo di questi giganti del mare raccontano di viaggi carichi (…dalle valigie di cartone legate con lo spago ai  bauli fatti su misura a Parigi da un grande Malletier)  di speranze e sogni, quasi fossero micro cosmi, fatti di poliedriche rappresentazioni degli strati sociali così diversi tra loro… la prima, la seconda … la terza classe, che vite diverse e che viaggi diversi hanno percorso nel loro andare da un continente all’altro, a quali diversi destini erano indirizzate e cosa è successo dei loro sogni, e speranze…

Quando poi il reperto proviene da un “gigante abbattuto”, affondato con il suo carico di tesori… l’interesse e la temperatura al martelletto del battitore sale.

 

Christie’sNY ( Asta n°1829) del 28-6-2007 intitolata “Ocean Liner”                                                                                                                                                                                           Una sdraio in teak dal deck del relitto della Andrea Doria                                                                                                                                                                                                           DITTA GIUSTA MOBILI, GENOA; CIRCA 1951                                                                                                                                                                                                                               Stima 1.500 USD –2.500 USD                                                                                                                                                                                                                                                           Aggiudicata a 3.600 USD

 

È la storia della Turbonave Andrea Doria, vanto della marineria italiana dei primi anni del dopoguerra, e del design di lusso del nostro paese in quegli anni.

E questa è la seconda storia che mi piace raccontarvi, che ha a che fare, anche, con Richard-Ginori.

Varata a Sestri Ponente nel Giugno del 1951, l’Andrea Doria è stata un transatlantico della I.S.N (Italia Società di Navigazione, nota come Italian Line).

Sin dall’inizio, nelle intenzioni degli armatori, doveva rappresentare, ed in effetti rappresentò la rinascita italiana dopo la fine della guerra.

Pensata per esprimere, in tutto, il meglio della cantieristica nazionale (Ansaldo), dello stile, del design, del gusto e della manifattura di un paese che rinasceva.

L’obiettivo evidentemente fu raggiunto se l’Andrea Doria già dal suo viaggio inaugurale (iniziato il 14 Gennaio 1953), per i suoi pregiati arredi, per i dipinti e le porcellane con cui si servivano i pasti e le consumazioni nei suoi saloni venne definita “la più bella e più lussuosa nave passeggieri italiana del suo tempo”.

Il naufragio aggiunse la leggenda e ulteriore fascino alla sua storia.

La notte del 25 luglio 1956, alle 23,11, – a causa della nebbia e di un’errata valutazione dei segnali radar – l’Andrea Doria venne speronata dalla nave svedese Stockholm, al largo di Nantucket, poche ore prima di concludere uno dei suoi abituali viaggi tra Genova e New York.

In 11 ore affondò, le conseguenze per i passeggeri e per l’equipaggio avrebbero potuto essere più gravi, ma,  grazie alla professionalità e determinazione del comandante dell’Andrea Doria e dei suoi ufficiali, si salvarono 1.655 persone (su un totale di 1706 tra passeggeri e membri dell’equipaggio), perirono nel disastro 41 passeggeri che si trovavano nelle cabine dove avvenne lo speronamento e 11 marinai dello Stockholm…

Christie’s NY (Asta n°1829) del 28-6-2007 intitolata “Ocean Liner” Salvagente dal relitto dell’Andrea Doria                                                                                                              Stima: 2,500 USD – 3.500 USD   Aggiudicato a 13.200 USD

 

Numerose inchieste seguirono per attribuire le responsabilità che alla fine risultò essere addebitabile al giovane e inesperto terzo ufficiale della nave svedese, che male interpretò quello che i radar gli dicevano, mentre, niente è addebitabile al comandante della Doria, Piero Calamai, l’ultimo ad abbandonare la nave su insistenza del suo secondo, dopo aver messo in salvo tutti i passeggeri ed i membri dell’equipaggio sopravvissuti all’impatto. Già immediatamente dopo il naufragio vennero fatti vari reportage della nave sul fondale di 75 metri, il primo raccontava di un’immersione esplorativa fatta appena quattro giorni dopo il naufragio.

Ma entriamo un attimo a bordo di questa meravigliosa leggenda…

A detta di tutti coloro che alla Turbonave italiana avevano dedicato una montagna di analisi, sull’Andrea Doria c’era la summa del meglio dell’arte e della manifattura italiana degli anni ’50, al grande architetto e designer Giò Ponti che aveva dichiarato “Occorre che sui nostri bastimenti gli stranieri imparino l’Italia”, fu affidato il coordinamento di un gruppo di artisti (tra gli altri, Salvatore Fiume che dipinse un murale lungo trenta metri ed alto tre, dal titolo “Leggenda d’Italia”) ed architetti, oltre a Giò Ponti stesso – che progettò l’aspetto architettonico e tutti gli arredi del salone “Belvedere” di prima classe – altre aree della grande nave furono assegnate a grandi architetti tra cui Gustavo Pulitzer Finali, Giulio Minoletti, Nino Zoncada, Matteo Longoni, Antonio Cassi Ramelli… e per le porcellane per i servizi da the e caffè ed per i servizi da tavola? ovviamente Richard-Ginori in varie forme e decori (Gio Ponti conosceva a fondo la manifattura toscana perché era stato il direttore artistico della Richard-Ginori fino al 1933)…

Intorno a questa storia c’è ancora qualcosa da dire ed ha a che fare con le aste ed il collezionismo.

Tutto quel materiale stivato a brodo del transatlantico più elegante degli anni ’50, se la Andrea Doria fosse stata dismessa normalmente e non fosse entrata nella leggenda a causa del suo naufragio, sarebbe passato in asta, come molti altri memorabilia navali, legate ai grandi transatlantici che solcarono gli oceani nel ventesimo secolo.

Sin dalle prime spedizioni dedicate al recupero dei reperti della turbonave più bella d’Italia, le cose di uso quotidiano a bordo, acquisirono un’aura di leggenda e raggiunsero prezzi strabilianti rispetto alle stime di riserva, qui ho voluto illustrare un set di piatti ed altre porcellane, battute da Christie’s nel 2007 (provenienti da una collezione privata) che raggiunsero quasi quattro volte la riserva, o una sdraio da ponte che raggiunse, nella stessa asta due volte e mezzo la stima di base o ancora in quell’asta un semplice Salvagente che fu battuto a all’incredibile prezzo di 13.200$ (la riserva era 2.500$).

Questi numeri dimostrano che sempre alla base di una collezione c’è una storia, una memoria che rafforza il pregio del bello e del ben fatto.

IN CHIUSURA, un aneddoto

da Ginori si raccontava di un video in cui i subacquei del Tenacious (la nave recupero che varie volte dal 1987 aveva visitato il relitto), recuperata e portata in superficie, da bordo del famoso transatlantico, una cassa di porcellane di Richard-Ginori, dopo averla aperta le avevano trovate intatte e così pulite che dopo averle sciacquate … avevano mangiato con i piatti appena recuperati, verità, mito, leggenda? certo è che se normalmente le porcellane di Richard-Ginori sempre raggiungono belle cifre nelle aste di tutto il mondo, quelle che sono state recuperate dal relitto dell’Andrea Doria, per il fascino della sua storia e per il fatto che qualcuno sia sceso in immersione per recuperarle, raccontano il mito del tesoro recuperato che spinge in alto il desiderio di possesso… inoltre sono belle.

 

 

 

piatto con soggetto “Vignetta Cinesi” forma Impero sul bordo è la scritta “Italia”, personalizzazione tipica dell’Andrea Doria  piatto della 1° classe dal relitto dell’Andrea Doria

 

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