Un Diario da Casa Ansuini

L’OREFICERIA ETRUSCA E LA MODA DEL GIOIELLO NEL XIX SECOLO

L’oreficeria etrusca, erede di quella egizia, fenicia e greca, raggiunse un tale grado di bellezza che lo stesso Benvenuto Cellini, osservando un antico gioiello mostratogli dal Papa Leone X, disse che non v’era modo di fare altrettanto e che questi antichi maestri orafi avevano tecniche di lavorazione che erano scomparse con loro; in effetti, poi il grande artista aggiunse che anche nella sua epoca la gioielleria era di altrettanta bellezza.

Questa tecnica antica di lavorazione di cui parlava Cellini era la granulazione o “pulvisco aureo”.

I fenici furono i primi ad applicare all’oreficeria un sistema di decorazione ignoto agli egizi ed agli assiri: questo consisteva nel sovrapporre alla superficie della lastra tante piccole sfere di oro creando motivi geometrici, meandri e linee; successivamente, probabilmente tra il VII ed il V secolo a C, gli orafi fenici affinarono questa tecnica riducendo le dimensioni delle sfere ed arrivando a un “pulvisco”.

 

 

Probabilmente, le ispirazioni dei motivi furono date ai fenici dalle incrostazioni presenti nelle conchiglie, gusci calcarei, ramoscelli di corallo e altri elementi presenti nelle coste mediterranee.

Fortunato Pio Castellani (1794-1865), seguendo il consiglio di Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta, iniziò a riprodurre i gioielli etruschi tentando di imitarne le tecniche di lavorazione; venuto a conoscenza che nelle Marche vi erano dei rosari e grani lavorati con saldatura ignote agli orafi romani, simili a quelle degli etruschi, fece venire quei lavoranti a Roma per apprenderne i segreti; da qui in poi nacque il cosiddetto “oro giallone” e, soprattutto, la granulazione che tuttavia, anche se molto simile a quella antica, non la eguagliò mai.

In breve tempo la fama di questi monili portò all’apertura di numerosi laboratori specializzati a Roma e, in seguito, anche nel napoletano ed in toscana.

Con Alessandro Castellani (1823-1883) figlio di Fortunato Pio, la fama della celebre Maison raggiunse Parigi dove fu aperta una succursale

 

 

In Francia all’inizio del XIX secolo, sotto l’influenza di David, la gioielleria abbandona la grazia delicata e morbida che aveva nel ‘700 divenendo solenne, rigida e fredda; con il romanticismo, nel periodo della restaurazione e sotto Luigi Filippo, si ritorna allo stile gotico e rinascimentale. Tuttavia questo stile è poco compreso e soprattutto interpretato in maniera superficiale.

Verso la metà del secondo impero lo sviluppo del commercio e dell’industria portò a un grande incremento del benessere; la ricerca del lusso e dell’ostentazione dà il via a grandi cambiamenti nella moda.

Bisognava ad ogni costo proporre cose nuove e, proprio per questo motivo, rivolgersi alle fonti più disparate accodandosi all’attualità e allo snobismo.

 

 

I gioielli quindi vengono modellati via via seguendo lo stile egizio, etrusco, neo greco inglese etc.

Ed è in questo contesto che la gioielleria etrusca dei Castellani, sviluppatasi con continue migliorie, raggiunge una grande fama.
Il ritorno all’antico è evidenziato nei vari stand dell’Esposizione Universale di Parigi del 1878: nella sezione americana Tiffany espone i fac-simile dei gioielli d’oro trovati a Cipro nel tesoro di Kourion nella sezione austriaca Bacher di Vienna propone riproduzioni di gioielli Greci finemente lavorati; nella sezione italiana si constata come il ritorno allo stile antico ha rialzato il livello della gioielleria.

A tutto questo ha contribuito la scuola orafa che la famiglia Castellani aveva fondato a Roma verso il 1840, con la cooperazione ed il consiglio del Principe Caetani, ed era rappresentata a Napoli da Giacinto Melillo.

 

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