Un Diario da Casa Ansuini

FERRUCCIO VECCHI: L’ ARDITO TRASFORMISTA AL SERVIZIO DEL BELLO

REDAZIONE | 30 OTTOBRE 2022

Nato a Ravenna nel 1894 e dopo essersi formato a Bologna, Ferruccio Vecchi aderisce allo scoppio del Primo Conflitto Mondiale all’Interventismo arruolandosi immediatamente ed entrando a far parte nel 1917 degli Arditi, quel particolare reparto dell’Esercito costituitosi proprio quell’anno raggruppando soldati scelti e successivamente strutturati in reparti d’assalto al fine di condurre le operazioni belliche  più rischiose.

Formatosi come intellettuale di Sinistra, nel primissimo dopoguerra lo ritroviamo fra i cosiddetti Sansepolcristi, ossia quel gruppo di giovani fondatori dei Fasci di Combattimento presenti a Milano all’adunata di Piazza San Sepolcro nel 1919 e subito dopo, assieme a Filippo Tommaso Marinetti, fra i capofila dell’assalto organizzato dalle squadre di arditi e nazionalisti alla sede dell’ Avanti!.
Sempre nello stesso anno, Benito Mussolini sceglie Vecchi per la fondazione del Fascio di Bologna e allo stesso ne affida la conduzione.

A fare da contraltare a quest’intensa attività politica e sociale, lo scultore trova rifugio nell’attività artistica. Nel suo studio, quasi come se la lontananza dalla frenesia squadrista gli concedesse il tempo per esprimere una personale concezione del Bello, prendono forma capolavori e l’isolamento, unito a una profonda conoscenza del panorama artistico a lui contemporaneo, gli consente di sperimentare gli stili più diversi: è così che nascono opere ora ispirate alle movenze geometriche dell’Art Deco, ora invece più di stampo futurista o connotate dal punto di vista retorico

Come cambia la sua produzione artistica durante il Ventennio e quali sono le tematiche ricorrenti nella sua poetica?

È proprio durante la presa di potere del Regime che lo scultore ha modo di dedicarsi pienamente alla letteratura e alle Belle Arti, divenendo fra i principali artisti a servizio della Propaganda e modificando il suo stile verso un Ritorno all’Ordine, caratterizzato da opere che trasmettono un senso di raffinatezza e di atemporalità

Il 1940, grazie a una personale “Mostra di Sculture” allestita per la ventiduesima edizione della Biennale di Venezia, è sicuramente l’anno che lo consacra: grandi gruppi plastici, busti, statue allegoriche o ritratti dal vivo, tutto concorre all’esaltazione della Forza e della Bellezza, della Famiglia e del Lavoro, insomma di tutti gli ideali propri di quell’epoca.

Sicuramente la figura umana è il cardine attorno al quale si costituisce tutta la poetica di Ferruccio Vecchi: il corpo, specialmente il nudo, è il centro della sua ricerca artistica e nel corso dei decenni – sempre mosso dal desiderio di trovare nel Bello il miglior modo per esprimere la propria personalità poliedrica e trasformista – lo scultore ha avuto modo di indagare la figura abbracciando gli stili più diversi.

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