Un Diario da Casa Ansuini

DOMENICO CALIGO E L’ AMORE PER IL DETTAGLIO

DOTT. ALBERTO ROMANELLI | 9 OTTOBRE 2022 | ROMA

Spesso sentiamo dire di come Arte e Storia vadano a braccetto, di come a vicenda si influenzino e di come sia fondamentale conosce l’una per comprendere pienamente l’altra.

Siamo ormai abituati a riconoscere il dato storico presente in un dipinto: basti pensare, per esempio, a come su di una tela possano essere tradotte battaglie, episodi e vicende di cui solitamente abbiamo nozione attraverso i libri di storia, o ancora, in alternativa, pensare a quanto il vestiario indossato da un personaggio all’interno di un’opera ci restituisca immediatamente un preciso periodo, una moda, un’epoca.

Domenico Caligo (attivo fra il 1861 e il 1887), La Sala di Giove in Palazzo Pitti, olio su tela applicata su pannello, cm 39×30. Con cornice. ( In asta Giovedì 13 Ottobre )Riportando sulla tela quella che a prima vista può sembrare semplicemente la veduta interna di uno dei più rinomati Palazzi italiani, Palazzo Pitti, il pittore Domenico Caligo condensa sulla superficie del suo dipinto interi capitoli della Storia del nostro paese, così come interi secoli di Storia dell’Arte italiana.

Quella raffigurata dal pittore, la Sala di Giove, costituisce ancor oggi uno degli ambienti principali della Galleria Palatina del noto palazzo fiorentino.

Notevole è l’attenzione che Caligo impiega nei confronti del dato realistico dell’ambientazione e grande enfasi è riconosciuta ai contrasti chiaroscurali che, restituiti visivamente grazie a meticolosi tocchi di colore dati in punta di pennello, denotano tutto l’amore per il dettaglio che la cultura artistica del tardo Ottocento porta con sè: ci sembra quasi di poter toccare con mano gli intagli delle cornici dorate, i velluti delle poltrone, così come pare possibile riconoscere ogni singolo dipinto fra quelli appesi alle pareti.

In quell’epoca, questo luogo era adibito a Sala del Trono dove si tenevano le udienze pubbliche; l’apparato decorativo del soffitto esaltava fin dalla sua realizzazione il ruolo di massima rappresentanza proprio di questo ambiente: il soggetto principale della volta affrescata è infatti Giove che incorona il Principe, scelto proprio per enfatizzare l’apoteosi del Casato Mediceo.

Veramente imponente è la profusione degli stucchi bianchi e dorati presenti sul soffitto, le cui linee strutturali convergono verso il centro della tela e guidano l’occhio dell’osservatore fin verso la statua de La Vittoria, splendida opera marmorea, spesso considerata il capolavoro dello scultore Vincenzo Consani, vero e proprio perno compositivo attorno al quale ruota la composizione del nostro dipinto.

La genesi di questa scultura ci restituisce, dopo la parentesi medicea richiamata dalla decorazione di Cortona, un altro momento chiave della storia politica del nostro paese:

l’Unificazione dell’Italia. Prendendo a modello il bronzo di epoca romana della Vittoria Alata, rinvenuta pochi decenni prima nel Tempio Capitolino di Brescia, questo marmo, infatti, viene portato a termine nel 1867 per celebrare patriottisticamente le campagne risorgimentali e per omaggiare direttamente il Re Vittorio Emanuele II.

 

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