Un Diario da Casa Ansuini

LA PITTURA CONTAMINATA DI GIANNI DOVA

SPAZIALISMO, ARTE INFORMALE E RITORNO AL FIGURATIVO

DOTT. ALBERTO ROMANELLI | ROMA 5 GIUGNO 2022

Nel corso della nostra ultima asta di Fine Art, che si è tenuta lo scorso 26 Maggio, abbiamo aggiudicato tre opere del pittore Gianni Dova (1925-1991), tutte provenienti da un’importante collezione privata.

Sono tre dipinti realizzati nel corso degli anni ’80 e testimoniano in maniera eccellente la produzione di un pittore che nel corso della sua vita, grazie a una continua sperimentazione e una continua contaminazione con i linguaggi di altri artisti, raggiunge un fare espressivo decisamente personale e mai scontato.

Cosa sappiamo di questo importante pittore del 900 italiano?

Nato a Roma nel 1925, Gianni Dova si trasferisce ben presto con la famiglia a Milano, dove riceve la propria formazione presso il liceo artistico di Brera; frequenta in questo periodo tutti quegli artisti che si riuniscono nei caffè letterari della città meneghina e che gravitano attorno alla rivista Corrente, edita dal pittore Ernesto Treccani; e’ così che entra in contatto diretto con pittori come Renato Guttuso, Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Renato Birolli, Emilio Vedova e altri che negli anni a venire faranno la storia dell’arte contemporanea italiana.

È il 1947 quando a Venezia, presso la galleria del Cavallino, tiene la sua prima mostra personale; l’apprezzamento della critica e quello dei collezionisti non tardano ad arrivare e negli anni a seguire Dova sperimenta un’arte molto varia che spazia da influenze post-cubiste a suggestioni astratte e informali; fondamentale è l’incontro con il maestro Lucio Fontana e con la poetica dello Spazialismo, movimento del quale sottoscrive diversi Manifesti.

Gli anni ’50, oltre a vedere il pittore fra gli interpreti della Pittura Nucleare di Enrico Baj e fra i primi sperimentatori in Italia dell’ArteInformale, testimoniano una progressiva adesione di Dova all’Arte Tachista, quel particolare stile pittorico – all’epoca molto diffuso, soprattutto in ambito francese – che avendo come obiettivo l’astrazione tende a creare macchie informi di colore, mediante, a esempio, la diretta colatura del colore sulla tela, oppure tramite l’utilizzo di aerografi con smalti misti a sabbia; proprio dal punto di vista tecnico, grazie all’impiego di particolari vernici, l’artista raggiunge in questo periodo una ricercata e voluta crettatura della superficie pittorica, una sorta di suo increspamento, che diviene ben presto la cifra stilistica della sua arte.

La sua personale alla galleria milanese del Milione nel 1951 – una mostra introdotta dal famosissimo critico e filosofo Gillo Dorfles – e la sua partecipazione nel 1952 alla XXVI edizione dell’Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia danno l’avvio a un periodo particolarmente fervido, ricco come dicevamo di sperimentazioni, ma anche di riconoscimenti sia a livello nazionale, che a livello internazionale

 

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Dopo tutta questo cimentarsi in una chiave principalmente volta all’astrazione, cosa lo porta a recuperare la figurazione?

Sicuramente è l’incontro con la pittura surrealista dell’artista Max Ernst che lo riporta per certi versi a una maggiore presenza figurativa sulla tela; nascono proprio in questo periodo dipinti dai colori squillanti e sulle superfici dei quadri sembrano prendere vita veri e propri microrganismi, entità biomorfiche, quasi cellulari.
Accanto a questo significativo incontro, dobbiamo anche tener presente l’indole da viaggiatore  del nostro artista; soprattutto a partire dagli anni ’70, infatti, Dova soggiorna lungamente all’estero e principalmente in Bretagna: il contatto con paesaggi nuovi e altri imprime alla sua produzione una virata in senso naturalistico che lo porta ad abbandonare gli aspetti geometrici del periodo post-cubista così come quelli astratti del periodo informale.

È proprio questa il ritorno alla figurazione naturalistica che possiamo intravvedere in un dipinto come Il Chianti, una delle tre tele che abbiamo avuto il piacere di vedere esitate presso di noi.

 

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